Tra inchiesta giornalistica e ricostruzione storica ecco cosa è successo al capitale del più grande di tutti gli attori italiani

Chi si pappa l’impero di Carmelo Bene?
3 Ott 2016

“Non essere più, non esserci più”. Puro Carmelo Bene, facilissimo da riconoscere. Formule filosofiche e criptiche o supercazzole cantilenate sono il marchio di fabbrica che lo ha accompagnato per tutta la vita, se così si può definire l’esistenza di chi si considerava “abortito”, più che nato. Macabramente però, questa profezia sembra essersi avverata visto che, a quasi quindici anni di distanza dalla morte, di Bene non resta quasi nulla. Almeno di visibile.

L’ultimo paradosso che riguarda C.B. è il museo a lui dedicato a Otranto, che avrebbe dovuto sorgere nell’ex Convento dei Cappuccini dove, a due anni dall’annuncio, ancora non si è trovato un accordo con l’ex moglie Raffaella Baracchi e la figlia Salomè. «Siamo a buon punto con i lavori – ha detto il sindaco, Luciano Cariddi -, sono quasi ultimati. Stiamo valutando l’offerta di vendita di alcuni cimeli e diritti da parte delle proprietarie, ma dobbiamo vedere se saremo in grado di sostenere la spesa. Si potrebbe pensare a un prestito oneroso, però è ancora tutto da definire».

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Casa di Bene a Roma. Interno.

Per la realizzazione sono arrivati dall’Europa 760mila euro di fondi  e oltre 100mila euro dell’amministrazione della Città dei Martiri. Non proprio spiccioli, eppure ancora nulla si muove. Ma c’è dell’altro…

Partiamo dall’inizio. Prima del decesso, nel 2002, Carmelo Bene dispose che la dimora otrantina in via Scupoli, così come l’intera produzione artistica, andasse all’Immemoriale, Fondazione presieduta da Piergiorgio Giacchè e che il consiglio di amministrazione fosse composto pro tempore da: sindaco di Otranto, presidente della regione Puglia e presidente della provincia di Lecce. Apriti cielo.

Come mai Bene, così avverso a istituzioni e politici, lasciò avvicinare tutta questa gente al suo capitale? Una risposta maliziosa potrebbe essere che in questo modo, saltò a piè pari la Baracchi (la prima moglie, Giuliana Rossi, si tenne fuori dalla questione) e lasciò all’unica figlia la casa di Roma. A Luisa Viglietti, ultima compagna per nove anni, spettava il diritto di abitazione in via Scupoli. Ma le vie della burocrazia sono infinite e le ripetute assenze degli esponenti politici all’insediamento del consiglio, fecero mancare il numero legale e permisero alla Baracchi e alla figlia di impugnare il testamento, come eredi legittime. E quindi niente tanti saluti all’ultima compagna.

Da allora la disgregazione del capitale di C.B. non ha avuto freni, così come le cause legali che hanno visto contrapposte Luisa Viglietti, che vive “reclusa” nella casa romana, e la vedova insieme alla figlia che invece risiedono nella casa otrantina e detengono l’intera eredità (all’epoca stimata in 3 milioni di euro).  DIN DIN DIN (rumore di soldini).

“Abbiamo sempre fatto il possibile, valutando i vari progetti, ma stiamo ancora riflettendo”, ha detto la vedova Bene, nell’intervista che ci ha concesso.

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Carmelo Bene e Luisa Viglietti

L’ennesima sparizione alla vista, alla quale si aggiunge la vendita della casa paterna a Santa Cesarea Terme, dove fu scritto Nostra Signora dei Turchi . In quella splendida villa viveva la sorella Maria Teresa, che lottò fino all’ultimo per farne un museo. Ma la casa venne invece battuta all’asta per 300mila euro (la metà del valore reale) e acquisita dall’imprenditore Mirko Greco, che avrebbe voluto farne una “casa vacanze cultura”. Ecco, immaginatevi adesso C.B. a cui qualcuno parla di: casa vacanze cultura… Greco diede mandato all’architetto Luca Fiocca di realizzare il progetto, che prima si infranse sull’orinatoio in stile Duchamp e poi rischiò di finire a carte bollate: “Ho incaricato uno studio legale per diffidare il committente da una realizzazione parziale, altrimenti chiederò un milione di euro di risarcimento danni”, dichiarò l’architetto. Il classico LEI NON SA CHI SONO IO! ma poi tutto finì a tarallucci e vino e ora pare che i due abbiano trovato un accordo. Il progetto invece? Mmm no, quello è in stallo.

Aggiungete al carico pure le spoglie del Maestro, poiché manco loro trovano pace. Nel cimitero di Otranto, il mausoleo a Carmelo Bene non è mai arrivato a concretezza e le ceneri del Nostro riposano, nell’anonimato, all’interno della piccola cappella della famiglia Bleve, di fianco al padre Umberto. Che tristezza… meno male che alcuni giovani otrantini hanno riempito le mura di fronte a campo santo di graffiti, nei quali spiccano gli occhi spiritati e la dicitura: “Non resta che volare”.

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Casa natale di C.B. a Campi Salentina

Si tocca il melanconico invece a Campi Salentina, dove sulla porta della casa natale – oggi abitata da privati – spicca solo una targa, non indicata da nessuna insegna del piccolo paese.

E così, a colui che era “apparso alla Madonna”, da quell’aldilà metafisico da sempre agognato, ci starà urlando un bel “ve l’avevo detto” attraverso una delle sue profezie più inquietanti per cui suscitava scandalo nelle interviste: “Non c’è bisogno di consegnare un cadavere in pubblico per meritare la dimenticanza”.

Gianmarco Aimi

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